Robert Mapplethorpe

Robert Mapplethorpe

domenica 22 aprile 2012

Acido Solforico

Acido Solforico.
Quando sul palco la chimica funziona. 

L'acido solforico è una sostanza intrinsecamente innocua che tuttavia, in particolari condizioni, può generare un'esplosione violenta e distruttiva. La formula chimica H2SO4 sottintende forse questa metafora, che è una sorta di sintesi scientifica e filosofica insieme, e l'oggetto in questione è l'uomo a contatto programmatico col male (questo in fondo fu il “concentramento”). Il titolo è quello del romanzo della ormai celebre Amélie Nothomb che, attraverso il racconto di un perverso programma televisivo, sviluppa un discorso su quella che potremmo definire non solo “la banalità del male” ma anche la facilità “incendiaria” con cui questo nasce e si autoalimenta. Per come è trattata la scelta è estremamente contemporanea e gli argomenti attualissimi. Basta pensare all'offerta televisiva degli ultimi decenni e ai numeri (inquietanti) dell'audience che ha premiato (e continua a premiare) la spettacolarizzazione del dolore altrui, l'esibizionismo più greve, la violenza gratuita, la manipolazione pornografica delle emozioni. Da qui forse l'intuizione di lavorare su un testo come questo.
L'originalità dello spettacolo - nato da uno dei laboratori permanenti e sapientemente guidato dalla regia di Monica Faggiani - sta nell'idea di “attualizzare” durante le performance la dinamica perversa di tre enitità separate e interconnesse tra loro: i concorrenti, i produttori, gli spettatori. Questi i tre specchi che si riflettono l'uno sull'altro fino a restituire immagini mostruose e conturbanti dove viene denudato il meccanismo secondo il quale “la sofferenza chiama sofferenza e il piacere chiama il piacere”. Ma al di là dei contenuti (ottima la riduzione del testo condita anche con innesti inediti) colpisce la freschezza e l'autenticità (a tratti commovente), con cui gli allievi-attori hanno vissuto lo spettacolo. Al termine della catarsi, allo spettatore è arrivata tutta l'energia di un gruppo che non si è risparmiato dal punto di vista dell'impegno e dell'investimento emotivo. E l'esplosione è stata di sola gioia e soddisfazione. 

Marta Zacchigna 




Foto di Alessandra Cirillo

martedì 3 aprile 2012

Robert Mappelthorpe - Sacro e Profano

Robert Mappelthorpe. Dopo di lui, solo una serie di pessimi imitatori.


La personale dedicata al fotografo allo Spazio Forma di Milano è una gran bella mostra (illuminata malissimo).
Forma, essenza, luce, equilibrio, ricerca, corpo. 
Ogni singola fotografia parla questo linguaggio e merita di essere ammirata. Si percorre una breve storia tra piccolissime polaroid acerbe ma già personalissime ed immagini fortemente riconoscibili e di perfezione formale incontestabile.
Autoritratti, nudi, peni, fiori, ritratti e bambini. Tutto è scultoreo, evocativo e sensuale.
Ogni soggetto è straordinariamente carico di vitalità seppure immobile. 
Sacro e profano.



Sarebbe stato interessante vedere molte altre fotografie. Le più estreme, ad esempio, non sono esposte in questa personale. Peccato, alla fine la nota stonata è proprio questa. Ho avuto l'impressione che si sia cercato di avvolgere l'artista in un pudore che non gli appartiene, di conferirgli un'immagine più... pulita. Eppure basta un'occhiata su google immagini per capire che c'è molto, molto altro da vedere, cose che col comune senso del pudore hanno ben poco a che fare. 
Un giorno sazierò la mia curiosità.


(A)

mercoledì 7 marzo 2012

LaChapelle a Milano - Nature Morte

“Potrei definire artista chi riesce a rendere interessante una natura morta” dice una nostra amica.

Scoprire che c'è una mostra di LaChapelle a Milano, per di più gratuita, è una di quelle occasioni da non perdere. Non ci lasciamo scoraggiare dall'idea che si tratti di una serie di Nature Morte. Potrebbe LaChapelle trattare il tema in modo banale? 
No, infatti.
   
   
Le opere sono esposte in una piccola galleria chic, pomposa e al tempo stesso raffinata. Proprio a causa dei limiti di spazio ci sono opere poggiate a terra, quadri, sculture, capitelli, tutto è antico... e il colore di LaChapelle emerge con una forza travolgente. Stampe alte 1 metro e 60 si fanno studiare nel dettaglio, ci seducono, ci rapiscono. Il tempo per fissare immagini così non è mai abbastanza, ogni volta che si appoggia lo sguardo si scopre un dettaglio, una metafora, un colore nuovo.

Il gallerista ci informa che questo è uno degli ultimi progetti di LaChapelle, che sta provando ad intraprendere una nuova strada per discostarsi dall'immaginario collettivo di fotografo di moda e dello Star System. Beh, se queste sono le premesse... 
ci aspettiamo grandi cose!
   


(A)

martedì 10 gennaio 2012